giovedì 1 maggio 2008

1 maggio. Eroi per niente.

Cerco di tirarmi fuori da queste cose, di vivere in pace, ma dura poco. Ieri mentre ero alla cassa del supermercato sento la commessa dire che domani, 1 maggio, si lavora. Un anziano le dice che sarebbe giusto fosse chiuso, ella risponde che sarebbe bello, ma non si può pretender troppo e aggiungendo un sorriso, che è meglio non lamentarsi.
Dalle sue labbra un sarebbe bello, non un troppo violento sarebbe giusto. Viso rotondetto, pomelli rossi, neanche vent’anni. Penso: chi ti proteggerà, chi puntellerà quel mondo avido che ti si sta già stringendo attorno facendoti conservare il sorriso, chi ti dirà che l’uomo non è per il lavoro, ma il lavoro per l’uomo. Penso nessuno: né sindacati né politica né famiglia, ma solo quella storia, che a te forse sarà sconosciuta, perché se l’insegnassero a scuola, la vera storia delle battaglie e della conquista dello statuto dei lavoratori, a venirne fuori non sareste ossequiosi e sorridenti, ma nemici incazzati dello stato e del potere.

Volto lo sguardo e leggo sulla porta d’entrata: 25 Aprile chiuso, 1 maggio aperto. Mi ribolle il sangue. Per la patria si festeggia, per 150 anni di morti per la conquista della dignità un vaffanculo e si lavora. Mi ribolle il sangue, non riesco a tirarmene fuori, ma lascio che sia, forse è giusto, forse questo è amore, questa è compassione.
Un pallido e sereno sorriso, senza memoria che disturbi, come animale nato in cattività che forse però conserva di più il suo istinto di sopravvivenza. Domani è la festa dei lavoratori penso, non del lavoro come dicono, ma chi dirige si bea di questo perché sa che la celebrazione delle feste fa pensare ed unisce.
L’unica celebrazione concessa dopo la patria con i suoi caduti, la messa in chiesa: non si parla nè si pensa, si ascolta solamente. Di quei cristi, madonne e profeti che vennero come leoni per restaurare e riformare ne hanno fatto agnelli e così continuano a darceli in pasto, in comunione, per mantenerci come agnellini.

Agli avidi e senza scrupoli pastori di questo gregge auguro che un nuovo verbo risvegli sentimenti da tempo sepolti, … che il gregge si disperda e che un nuovo branco si ritrovi.
Mi ribolle il sangue, vorrei non pensarci, ma se questo è uno zoo, o un circo come lo chiamano, beh, negli zoo oltre alle scimmie ci sono anche la belve e nei circhi, anche se di rado, accade che anche le bestie addomesticate si ribellino.
Guardo quel viso rotondo che sorride e si scusa e penso: chi ti proteggerà, chi ti sveglierà
Solo la memoria, solo le tue zanne, … solo la tua furia. Solo così ci sarà onore per quei caduti. Ma questa sarà veramente un’altra storia.

1 maggio. La storia in breve.

La storia in breve delle lotte dei lavoratori in quell’America che appariva così beata di eguaglianza agli europei, ma che portava in gestazione un futuro nero per le prospettive e la dignità dei suoi uomini.
Alexis de Tocqueville, grande estimatore del nuovo mondo, in uno dei suoi viaggi datato 1831, annotò delle possibili conseguenze che sarebbero derivate dallo svilupparsi delle imponenti società aristocratiche, formate da industriali, nel bel mezzo della grande democrazia. In seguito ritenne che "l'aristocrazia imprenditoriale che si sta sviluppando sotto i nostri occhi è una delle più brutali che mai siano esistite". Era l’inizio, grande centralizzazione e massima produzione al minimo costo. E così accadde che, come ancora notò Tocqueville, "nella produzione in cui l’operaio andava perfezionandosi, l’uomo cominciava a degradarsi …Egli non appartiene più a se stesso, ma al mestiere che ha scelto". Nei cinquant’anni successivi all’inizio della guerra civile gli investimenti dell’industria si moltiplicarono per dodici e alla fine del secolo più dei tre quarti dei prodotti industriali veniva da fabbriche in proprietà delle grandi corporation.
… I cancelli si aprivano al mattino per farli entrare e si richiudevano alle loro spalle la sera. Pensierosi e in silenzio questi uomini ritornavano a casa. Non avevano più con sé le chiavi della bottega, perché officina, attrezzi e chiavi non appartenevano a loro , ma ai loro padroni. Ammucchiati tutti insieme a questo modo, in questi formicai industriali, gli uomini cominciarono a conoscersi e a discutere con frequenza la questione dei diritti dei lavoratori e dei torti da loro subiti.
La storia degli scioperi inizia dalle grandi piramidi d’Egitto, ed in Nord America già nel 1636 le prime agitazioni, ma erano rari e circoscritti episodi fino a quell’anno memorabile, che non fa però parte della storia perché la storia che si studia, come sappiamo , è quella dei grandi condottieri, delle guerre, della politica.
"Il luglio 1877 non compare nei libri di storia fra le date memorabili; eppure segna il primo grande sciopero di massa che abbia avuto luogo negli Stati Uniti, un movimento che in quegli anni venne considerato una vera e propria ribellione violenta".
Solo sei anni prima i lavoratori di Parigi si erano ribellati, si erano impadroniti della città con le armi e avevano costituito la Comune di Parigi. Mentre in Europa si aggirava lo spettro del comunismo, in America era nato un Partito dei Lavoratori, il Workingman’s Party, che aveva come obbiettivo il rovesciamento del capitalismo.
Protagonisti furono le ferrovie, le acciaierie, manifatture, minatori, i sindacati A.R.U. American railway Union, i Knights of Labor (cavalieri del lavoro) e molto altro. Nel 1886 altra grande insurrezione generale, definita dagli storici "la grande sollevazione".
Si lottava, si sparava, si moriva ed in quegli anni fortezze furono costruite in molte città, non per difendersi da nemici esterni, ma dalle sollevazioni popolari. Leggi marziali, guardia nazionale ed esercito, violenza sponsorizzata dal mondo industriale contro i lavoratori in sciopero, anche con artiglieria e carri armati, e cittadine intere a scendere in strada per sostenere la causa.
"Con la forza i nostri padri si sono liberati dall’oppressione politica, con la forza i loro figli dovranno liberarsi dalla schiavitù economica. E’ quindi vostro diritto e vostro dovere ricorrere alle armi", dice Jefferson.

Questo uno dei motti. Nel cercare di risolvere i problemi della vita quotidiana, agirono con modalità che sfidarono l’ordine esistente, e fecero storia.
L’anno in questione fu 1886. Si combatteva per i salari, ma anche per l’orario di lavoro, e visto che le paghe erano ai limiti della sussistenza, a grandi linee l’obbiettivo erano le otto ore senza riduzione di paga. Nel 1884 un’organizzazione sindacale in seguito scomparsa disse che dal 1 maggio 1886 la giornata legale di lavoro sarebbe stata di otto ore. Un gesto simbolico che nel 1886 divenne una minaccia rivoluzionaria in tutto il paese.
Alcune categorie ottennero le otto ore, altre passarono dalle dodici alle dieci, i tranvieri appena nel 1892 passarono dalle sedici alle dodici ore.
Arresti e licenziamenti di massa, sparatorie sulle folle, condanne a morte per impiccagione e la stampa, nelle mani del potere che già allora non perdeva occasione per condannare le azioni di protesta. La sera del primo maggio 1886 una delle tante riunioni massa per discutere sulle violenze della polizia si tenne ad Haymarket Square, a Chicago. Pioveva, circa cinquecento persone, quando alla fine dell’ultimo discorso , uno squadrone di 180 poliziotti intimò alla folla di disperdersi. Nel tafferuglio una bomba esplose in mezzo alle guardie, uno rimase ucciso e venti feriti; risposero sparando sulla folla uccidendo un uomo e ferendone molti altri.
La reazione fu un isterismo generale; i giornali colsero l’occasione per demolire l’appoggio dell’opinione pubblica e la repressione delle autorità fu violentissima. La tendenza alla demoralizzazione ed al compromesso fu uguale in tutto il paese. Sette anarchici furono arrestati e condannati a morte; quattro furono subito impiccati senza alcuna prova. Lo yellow-dog contract che che costringeva gli operai a giurare che non si sarebbero mai iscritti a una organizzazione operaia o sindacale, diventò requisito ampiamente richiesto per trovare un impiego. Per un certo periodo il movimento per la solidarietà e il potere dei lavoratori venne spazzato, ma entro meno di dieci anni sarebbe risorto di nuovo.
Questa la storia del primo maggio che in seguito fu legata a movimenti socialisti o comunisti dalla decisione di Rosa Luxenburg, durante il congresso della "seconda internazionale" di istituirla come giornata mondiale dei lavoratori.
Alla mia generazione dico : fu la storia di gente non comune che con fatica e dolore lavorò quel terreno sul quale abbiamo e stiamo ancora pascolando e che giorno dopo giorno ci riviene sottratto da sotto i piedi. Non ci fu mai detto di ricordare perché non ci fu dato di conoscere. A scuola non si parla di questa storia, uno spesso muro divide i lavoratori dalle loro origini.

Siamo cresciuti sentendo che il primo maggio è la festa dei comunisti, ma non erano comunisti, ma solo uomini che cercavano di riscattare la loro vita; siamo cresciuti sentendo anche e soprattutto che gli eroi sono solo quelli che cadono per la patria . Lo spettro che avevano di fronte è lo stesso di oggi, la loro memoria non vada definitivamente perduta. Liberamente tratto da: SCIOPERO.Storia delle rivolte di massa nell'America dell'ultimo secolo. Jeremy Brecher