sabato 9 giugno 2007

Un sogno per domani.

Non saremo nè riformisti nè revisionisti e forse nemmeno rivoluzionari, se non nel fatto che
saremo creatori di sogno, di un nuovo e grande sogno.
Se hanno ostruito le strade dei nostri sogni, censurato la poesia che ci permetteva di riconoscerli e spezzato con violenza ogni speranza che ad essi anelava, allora, non ci resta che sprofondare, introiettarci in noi stessi e scoprire che la fuga dalle trame dell'orrore non può esser che salvezza.
Nel profondo di noi stessi riconosceremo e faremo nostro un sogno, e ci crederemo, e combatteremo veramente per esso quando scopriremo che non è solo il nostro, ma una parte dell'insieme dei sogni, del grande sogno assopito nell'uomo, che ci condurrà al reale.
Nei reconditi livelli dell'essere, ideali, aspirazioni e reali bisogni si riconosceranno in una nuova unità di vedute e di proposito, un proposito che ci condurrà alla libertà.
Il futuro non è più da predire, ma da creare, ma per crearlo, per combattere per costruirlo, questo futuro, bisogna prima sognarlo...e per questo, avremo bisogno di osare !

domenica 3 giugno 2007

LOTTA DI CLASSE

Ho ascoltato qualche giorno fa le proposte di Draghi, governatore della banca d'Italia e gli elogi a lui rivolti da Montezemolo, presidente di Confindustria. Ho ascoltato con rammarico, con tristezza, il bisogno di aumentare la media dell'età pensionabile (ancora e per l'ennesima volta), di adeguamento delle stesse pensioni, dei salari e tutta la solita solfa ancora necessaria per diminuire il debito e per essere competitivi nel mercato.
Sono economisti, lavorano su un parametro e devono far quadrare i conti e per farlo, agiscono su altri parametri. Detta in parole povere, senza tante digressioni politiche o demagociche da salotto televisivo, il parametro su cui si va ad agire di più è sempre il popolo, soprattutto quello dei lavoratori, e non gliene frega un cazzo se si andrà in pensione a 80 anni, se non si arriva a fine mese e magari se dopo aver fatto, scontenti, un lavoro di merda per tutta una vita, con il loro salvacondotto, ci reincamminiamo sulla via del regresso che ci riproietta, e forse ci siamo già, dalla stagione del vivere a quella del sopravvivere.
Ce lo dicono in faccia, ma non sappiamo riconoscere il meccanismo..... siamo , come è sempre stato, attrezzi da lavoro; un paramero su cui agire per far bene all'economia !
Sembrerebbe una visione superficiale, ma addentrandosi nel meccanismo "economia-politica-stato sociale", si perde completamente di vista una realtà fondamentale, che poi è quella di sempre.
Siamo già nel futuro, con la scienza e la tecnologia ad un punto tale da render possibile a tutti una vita degna di esser vissuta, ma nello stesso tempo schiavi dei soliti meccanismi tribali che relegano le masse a meri strumenti da lavoro senza dignità.
Il capitale ha cambiato molte facce, ma la lotta rimane quella di sempre. Patrizi e plebei, baroni e servi, oppressori ed oppressi; è la storia, come diceva Marx, della società umana. E' la dualità del mondo, la polarità che genera la manifestazione ed il ricorso ad eventi passati così estremi è utile per capire che senza opposti non può esserci equilibrio.
Arriveranno a convincerci che siamo comunque nel lusso e che un livello di vita, magari come quello degli inizi del XX secolo, sarebbe più che accettabile, ma spero che la cultura raggiunta ci suggerisca che soluzioni simili si possano verificare solo per libera ed individuale scelta.
E' necessario riconoscersi in una classe, senza riferimenti al passato, a nuove condizioni di appartenenza, più evolute, e proprio per questo con più alte pretese.
Finchè non ci riconosceremo e staremo soli, saremo decimati ; uniti saremo una fortezza, una fortezza inespugnabile. Forse non ci sono rivoluzioni da fare, ma solo un turbo capitalismo ed una economia globale da "ammansire severamente" ed uno STATO da creare, che non sia più servo del mercato e la piazza affari dei tiranni ma che sia il braccio e la voce di un nuovo cuore e di una nuova mente collettivi .