mercoledì 11 novembre 2009

Questione di coscienza

Possiamo definirla ancora coscienza di classe, svincolandola tuttavia dal rigido riferimento alla sola classe operaia alla quale la memoria è solita ricondurci, quella che si propone nuovamente come il fulcro di possibilità latenti.
Come affermava Giorgy Lukas," solo il proletariato può divenire cosciente delle contraddizioni della società capitalistica, perché nel proletariato questa coscienza è la condizione della sua emancipazione, desiderio dell'eliminazone di questa contraddizione e dell'intaurazione della società senza classi; mentre la borghesia, per sopravvivere, non può che mascherare la contraddizione e costruire una falsa coscienza della realtà. Nel proletariato si realizza quindi il punto di vista universale dell'uomo, cioé la realtà sociale giunge alla vera coscienza di sè".
Ora, consiredando quanto il senso comune abbia, volente o nolente, accettato i dogmi del regnante neoliberismo, sembra opportuno sostituire due termini per rendere più chiara l'importanza dell'affermazione. Al proletariato (per quanto alla definizione si associ, e più marcatamente che in passato, la quasi totalità dei salariati) sostituiremo il termine moltitudine precaria, l'insieme della forza lavoro non più identificabile in modo univoco ed omogeneo e caratterizzata dal comune senso di precarietà individuale che esula dalla sola precarietà contrattuale. Alla cattiva nomea di "un mondo senza classi" con lo spettro dell'egualitarismo, potremmo sostituire "un mondo senza muri che impediscano libere opportunità e possibilità per tutti".
Il punto essenziale cui si fa riferimento è una moltitudine che prende coscienza di una contraddizione e da questa contraddizione è in grado di decostruire tutto il falso che nega la realtà delle cose. L'estensione di questo disvelamento (forse quello che Lukas intendeva il punto di vista universale) non solo può mettere in crisi tutto l'apparato che enuncia e stabilisce una realtà autoconvalidandola, ma raggiungere e sviluppare una ulteriore cosapevolezza ecologica o addirittura olistica. Una spinta all'emancipazione che parte da noi e che finisce per abbracciare ogni aspetto della realtà che ci circonda ed accoglie.
Il perché la coscienza di classe o realtà sociale che giunge alla vera coscienza di sé abbia da sempre urtato la sensibilità dell'imperialismo neoliberista, incessantemente impegnato a rimuoverla ed a corromperne il significato, sta proprio nella fondatezza delle potenzialità di un movimento che mosso dalla volontà di liberarsi dalle individuali catene (condizioni di lavoro per esempio) e riconosciuto il comune e la contraddizione, possa trasformarsi realmente in moltitudine capace di minare alle fondamenta i dogmi e le irrazionalità dell'attuale "stato stabilito delle cose".