lunedì 5 dicembre 2011

Prestigiatori del destino


" La vera genialità, il vero gioco di prestigio è quando la tua vita è un sacrificio per il godimento di altri e ad un dato momento questi altri ti chiedono, anzi ti obbligano senza chiedertelo, a fare ulteriore sacrificio perchè il loro godimento rischia di venir meno. ... E tu lo fai."

5 Dicembre. Manovra finanziaria governo Monti

Non commuoviamoci per le lacrime di chi sancisce il destino della vita delle risorse umane..... commuoviamoci per chi non sa e non crede che la vita potrebbe essere altrimenti.
... come la vita può perdere di obiettivi e diventare obiettivo per altri.


USA, PRIMO SCIOPERO GENERALE DAL 1946

sabato 22 ottobre 2011

" Il dramma non è tanto la perdita di controllo, quanto la sensazione dell'inutilità di qualunque forma di controllo ".

Ottobre nero

" L'alienazione che deforma, ... anche fisicamente. "
" Senza scampo; prigionieri nel meccanismo che dà la vita togliendola. "
" Nessun popolo da difendere e nessun popolo su cui far conto, ... L'asceta ed il carnefice, le uniche due figure capaci di ergersi oltre l'olezzosa coltre del costume dominante."

Uccidersi per un lavoro


VENERDÌ, 26 AGOSTO 2011 Pagina 23 - Cronaca Trieste. Suicida l’autista del bus ... era gravemente malato e temeva il mancato rinnovo dell’assunzione a termine.
Indurre a togliersi la vita non è reato. Un sistema legittimato ad uccidere ed impunibile è segno che a definirci c'è qualcosa di assolutamente malato. I colpevoli siamo sempre e solo noi. Nulla e nessuno da difendere, nulla da pretendere. Nessun rancore, nulla e nessuno da odiare, solo l'amaro da espiare. La speranza dell'uomo mansueto è troppo debole per liberarlo dall'arbitrio degli infami speculatori che detengono e si giocano a dadi le sorti della sua vita.
Non il risentimento, non solo la collera, ma molto, molto di più. Bruciare i percorsi predestinati, impedirne la ripetizione ed affermarsi, affermare la vita per quello che vale.

domenica 8 maggio 2011

Quel che resta del 1 Maggio ...

La festa dei lavoratori è già oscurata dalla beatificazione di papa Wojtyla con più di un milione mezzo di fedeli, ma c'è molto di più per capire che del senso della celebrazione sia in realtà rimasto ben poco. L'apertura dei negozi voluta da alcuni sindaci, le disquisizioni al riguardo sulla stampa neoliberista e non, il basso profilo con il quale i media hanno trattato le manifestazioni rimettendo tutto nel concertone finale, nonchè quà e là, come rigurgiti pre-elettorali, locandine di buon 1 maggio con la bandiera italiana e sento che cala il sipario, che cala un'ombra su l'unica opportunità rimasta in grado di farci riconoscere in quell'unità di proposito che non è identità nazionale nè politica, ma solo moltitudine di individualità che si configurano in un tessuto omogeneo sotto la spinta della necessità.

Se le istituzioni, soprattutto quelle di destra, sfoderano tricolori per il primo maggio è solo perchè è ormai misconosciuto il carattere transnazionale della moltitudine lavoratrice (quello che un tempo era il proletariato di tutto il mondo), se c'è spazio per un dibattito su apertura dei negozi è solo perchè questa moltitudine non ha più nè forza nè degni rappresentanti e quello che un tempo sarebbe stato impronunciabile, soprattutto per timore, oggi diviene possibile.

Il silenzio sui fatti, le manipolazioni linguistiche, le retoriche dei manager di stato ed il gioco è fatto: una cultura fondata sull'ignoranza, intesa come non conoscenza, non può che reggersi sulle più acute contraddizioni.

Ed ecco che se un tempo ci sarebbe stato timore di aprire un negozio durante la festa dei lavoratori, oggi non solo non c'è alcun timore a dirti che lavorerai, ma addirittura viene invocata la tutela dei consumatori, altrimenti destinati a non trovare soddisfazione alla propria domanda. L'economia diviene soggetto anche il primo di maggio.

Ma c'è spazio per le giustificazioni, nelle quali far dissolvere ogni ombra di dubbio. Lavorare oggi diventa un onore al confronto di non lavorare mai e la collaborazione in tempo di crisi diventa un dovere, sicchè i due poli tendono a non essere più così opposti, e più si avvicinano, più il lavoratore si allontana dal grande corpo, più i suoi diritti si dissolvono.

Se c'erano DUE identità che uccidevano l'individualità, la Nazione e la politica, ora non ci resta più alta gratificazione che identificarci con il capitale. Sì, perchè non c'è alcuna contraddizione tra capitale e sociale, tra sfruttati e sfruttatori, tra servi e padroni. Tutto è possibile oggi, basta non volere, basta non pretendere, basta non pensare, basta non essere.

E dunque la mia domanda è : tra tutti quelli che oggi hanno pensato come me, che hanno partecipato ai cortei, che hanno portato bandiere, che hanno incrociato sguardi su cui riflettersi per un po', tra tutti questi, ora, al calar del giorno, pieni di una nuova percezione della realtà, c'è qualcuno che ha provato ad immaginare come dare forma a quella sensazione, a quel senso ormai innato ma sempre così sfuggente, così pronto a ridissolversi come un fantasma alla fine di ogni celebrazione ? C'è qualcuno che continua a sentire un filo che lega un sparenza, un'idea anche immaginaria, una sottile corrente d'aria che anche quando le porte si chiudono continua a tenere acceso un tizzone ancora pronto a divampare ?

Se quando le luci della modestissima ribalta si chiudono qualcuno continua incessantemente a lavorare per il contrario di tutto, è possibile che non ci sia qualche altra possibilità ? E' possibile che non ci sia altro che rimettere tutto nelle mani di cantautori e canzonette ?

Oggi avevamo l'opportunità di identificarci con la sola cosa che può ancora liberare la nostra individualità: la necessità. Stanotte ancora qualche nota. Domani solo se ne rimarrà qualcosa.

1 Maggio


" Il valore può essere creato solo da una resistenza divenuta debordante, creativa e fluente. Il valore è creato quando la pratica delle singolarità eccede gli equilibri del potere determinandone la rottura." (Comune, Negri, Hardt)

lunedì 31 gennaio 2011

L'orrido

Scorgiamo l’orrido nei tumulti Africani di questi giorni, l’incensurata paura, a pensarci, che l’ordine che ci definisce possa esser turbato. Distanza dai fatti, moderazione, ritiro incondizionato nel grembo dei poteri che ci assicurano l’esistenza, ulteriore attaccamento a quell’ordine senza il quale perderemmo qualsiasi consistenza. Meglio il bunga-bunga.
E così, conservatori abietti, letargici nel nostra masochistica sottomissione, inorridiamo alla sola idea che qualcuno possa aprire le luccicanti sbarre della nostra gabbia-giardino e tirarci fuori, e che anche un solo filo d’erba della amata caverna possa esser calpestato.
Sì è giusto, inorridiamo, non ignari però che nell’azione barbara pulsa incontenibile il cuore del Nuovo che avanza.

Sulla Plebe ...

La citazione sulla plebe proviene da un’intervista di Foucault rilasciata nel 1977. In queste righe Foucault dice che la plebe non è mai una realtà sociologica come la classe operaia o la borghesia, ma una potenzialità che si annida in tutte le classi. Lungi dall’essere un soggetto, la plebe è al contrario una critica che si sottrae o tende di sottrarsi all’essere eccessivamente governati. E' una forza anonima che manda in frantumi il sistema di controllo perpetuo che ci obbliga a una regola di comportamento. Il divenire plebe fa saltare la regola del disciplinamento per cui ad ogni soggetto, a ogni identità corrisponde un comportamento standard.

La plebe, che si cela in ciascuno di noi, traccia nel nostro corpo e nella nostra anima regioni irriducibili alla presa del potere.

"Non c’è assolutamente realtà sociologica nella "plebe". Ma c’è comunque sempre qualcosa, nel corpo sociale, nelle classi, nei gruppi, negli individui stessi che sfugge in certo modo alle relazioni di potere; qualcosa che non è affatto la materia prima più o meno docile o resistente, ma il movimento centrifugo, l’energia di segno opposto, l’elemento sfuggente. Non esiste "la" plebe, c’è "della" plebe. C’è nei corpi e nelle anime, negli individui, nel proletariato e nella borghesia, (...) Questa parte di plebe non è tanto l’esterno rispetto alle relazioni di potere quanto il loro limite, il loro inverso, il loro contraccolpo; è ciò che risponde ad ogni avanzata del potere attraverso un movimento per svincolarsene; ed è quindi ciò che motiva ogni nuovo sviluppo delle reti di potere ." (M. Foucault)

...E se in molte delle diagnosi c’è stata la tendenza a scorgere nella plebe l’emergere del nuovo soggetto rivoluzionario, nel pensiero di Foucault essa si configura, del resto, come tutt’altra cosa da un soggetto. Insomma plebe è sinonimo di pratiche di desoggettivazione.