Tutto è compiuto. Prima la realtà si fa finzione e poi, quando deborda dal linguaggio, immagine. L'immagine che prima è forma di controllo e potere, sovraesposta alle aberrazioni del caso, quasi illeggibile dai putridi e maleodoranti umori del viscido malato, grande architetto, che la vorrebbe sempre condivisibile, ed invidiabile, e magna, ora attende le contorsioni dell'immaginario collettivo, sempre suo fedele, per uscire dall'attimo di vacuità, per tornare all'altezza che le spetta, per produrre nuova normalizzazione, nuova verità.
Non è falsificazione, è cruda realtà che si fa immagine violenta e riprovevole, ma che vuole apparire come espressione senza censure di se stessi; non dunque disattenzione, ma noncuranza nel mettersi in mostra quasi fosse, per dirla come Foucault, forma ultima di confessione, che limacciosa scorre e si insinua nei cervelli ormai devastati del grande pubblico.
Se la violenza dell'immagine è quella di far sparire il reale, la tragicità dell'immediato vuole che nello scorrere di queste immagini, con il loro agonizzante latrato di sottofondo, ci sia l'ennesima opportunità di normalizzazare l'impensabile, ciò che nemmeno quel che resta del comune senso del pudore avrebbe consentito.
L'oscenità che raggela il sangue di pochi si perde in quell'attenzione mediatica, che a dirla come Baudrillard, non è brama di sesso, ma spettacolo della banalità, dell'insignificanza, della piattezza a qualunque costo.
La vera pornografia in fondo forse è proprio questa, essere partecipi al diritto di non essere nulla e godere del fetore del letame.
Un senso di rabbia tremendo mi assale, perchè pensavo di aver visto tutto, perchè pensavo non si potesse strisciare così in basso. La rabbia mi consuma perchè lo spettacolo fa schifo ed offende con violenza inaudita quel poco di lucidità che resta.
Lo spattacolo mi uccide perchè è la nullificazione del nulla, che equivale ad una morte seconda, ... e l'indignazione ed il furore dell'insurrezione sono ancora minorenni per potervi assistere.
Un senso di vomito mi da la complicità dei giullari del meschino, quella partecipazione enfatica al sommo cagare, complicità interattiva pronta a tradursi in moltiplicatore della sottomissione volontaria delle vittime che godono del male che gli si infligge, della vergogna di esistere che gli si impone.
Troppo sommessi e con la testa china assistiamo al requiem di quel che resta della ragione e di ciò che distinguevamo come realtà. E solo dei folli lascerebbero andare impuniti gli architetti di sì infausto inganno e infelice tradimento.
Più maledetta che mai, la mia nota di questa notte, vola nel web pesante di collera alla ricerca di un senso, ...e se mai si unisse ad altre, anch'esse così maledette,... quel piccolo suono, forse, mi direbbe che ancora Sono.